mercoledì 13 marzo 2013

Infezioni mortali e uso di antibiotici


Quella degli antibiotici è una questione sempre aperta.
E, sebbene da quando sono stati scoperti abbiano permesso di salvare milioni di vite, c’è il rovescio della medaglia. La storia infatti ci racconta come l’uso sempre più intensivo che si è avuto nel tempo abbia portato a tutta una serie di problemi: uno su tutti, la resistenza dei batteri a questi farmaci. Per “resistenza”, s’intende che l’antibiotico preposto a uccidere il determinato batterio non è più efficace, per cui l’agente patogeno non viene eliminato e l’infezione resta e si aggrava.

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Non sono dunque gli antibiotici in sé a essere sotto accusa, ma l’abuso che se n’è fatto nel tempo e che, in molti casi, si continua a perpetrare. Questa situazione è alla base proprio della ridotta efficacia dei medicinali, l’aumento del numero di agenti patogeni resistenti e, infine, l’aumento del rischio di contrarre – e non poter curare – infezioni mortali.
Questa è la situazione drammatica messa in luce da un nuovo studio pubblicato sul numero di febbraio 2013 di Infection Control and Hospital Epidemiology, la rivista della Society for Healthcare Epidemiology of America.

Secondo quanto riportato nello studio condotto dai ricercatori del Veterans Affairs Medical Center di Minneapolis, si è per esempio scoperto che nel trattamento dell’infezione da Clostridium difficile (C. difficile) spesso sono stati prescritti antibiotici inutili che fanno aumentare il rischio di reiterazione dell’infezione mortale.
L’infezione causata da questo batterio è una delle più comuni negli ospedali, e si caratterizza per sintomi che vanno da diarrea lieve a una recrudescenza grave che può anche portare alla morte.
I pazienti che presentano l’infezione da C. difficile sono sovente soggetti a recidive, in particolare se assumono antibiotici nel tempo.

Ciò che si scoperto nella ricerca è che il 57% dei pazienti studiati, che presentavano un’infezione da C. difficile, avevano ricevuto un trattamento con antibiotici aggiuntivi durante l’infezione o entro 30 giorni dall’insorgenza. Questo ha fatto aumentare in modo sostanziale il rischio, secondo i ricercatori.
Di questi pazienti, il 77% ha ricevuto almeno una dose inutile di antibiotico; il 26% dei pazienti ha ricevuto antibiotici esclusivamente non necessari.
«I nostri risultati dovrebbero servire come promemoria per medici e pazienti di usare gli antibiotici solo quando è assolutamente necessario, in particolare nei pazienti con una storia di C. difficile – spiega K. Megan Shaughnessy, nel comunicato VAMC – I pazienti con C. difficile sono ad alto rischio di recidiva, in particolare con l’uso di antibiotici aggiuntivi. A causa di questo rischio maggiore, i medici dovrebbero mantenere una maggiore prudenza con la terapia antimicrobica».
Insomma, se non sono proprio necessari, gli antibiotici è meglio evitare di prenderli.

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